Gustavo Rol


Ecco una storia esoterica che ruota attorno alla figura enigmatica di Gustavo Rol:


“La Porta di Smeraldo”

Torino, inverno del 1963. La città sembrava sospesa in un silenzio irreale, come se sapesse che qualcosa di straordinario stesse per accadere. Gustavo Rol camminava lentamente sotto i portici di via Po, avvolto nel suo cappotto verde oliva, gli occhi assorti e lontani. Aveva ricevuto una lettera anonima quella mattina: un’unica frase, scritta con inchiostro porpora su carta pergamena:

“Il varco si aprirà quando la musica non avrà più tempo.”

Non era la prima volta che riceveva messaggi misteriosi. Da tempo, le sincronicità erano parte della sua vita quotidiana. Ma questo… questo era diverso. Il messaggio vibrava come un richiamo. Un ricordo? O forse un’avvisaglia?


Giunto a casa, Rol si sedette nello studio. I libri di alchimia, i diari di Paracelso, le lettere di amici lontani e vicini all’occulto: tutto era lì, in ordine perfetto, come una mappa tracciata da mani invisibili. Sul tavolo, la piccola scacchiera in madreperla sembrava pulsare alla luce del tramonto.

Rol chiuse gli occhi. Vide il viso di suo padre, severo ma pieno d’amore, e poi un giardino di pietra, sospeso nel nulla, dove un uomo con una tunica azzurra gli tendeva una chiave.

La visione scomparve con un suono, quasi un accordo sospeso.


Due giorni dopo, durante una cena privata a Villa Faraggiana, Rol parlò con l’arcivescovo di Torino, monsignor Torrigiani, che conosceva le doti dell’uomo e lo temeva quanto lo rispettava.

— «Lei è stato scelto, Gustavo», disse il prelato, fissandolo con occhi antichi. «Il messaggio è autentico. La Porta si sta aprendo. Ma occorre un testimone. E occorre un guardiano.»

Rol non rispose. Sapeva cosa implicava tutto questo. Da giovane, a Marsiglia, durante una febbre improvvisa, aveva avuto la visione della famosa Tabula Smaragdina, e da allora il colore verde lo perseguitava: nei sogni, nei segni, nei numeri. Tutto lo riportava lì.

L’alchimia non era solo trasmutazione dei metalli. Era trasmutazione dell’essere.


Una settimana dopo, Rol ricevette la visita di un uomo alto, con occhi neri come la pece. Si presentò come Elian, e portava con sé un piccolo cofanetto di legno nero.

— «Questa ti appartiene. È rimasta chiusa dal tempo di Akhenaton.»

All’interno, una gemma verde smeraldo, pulsante. Non rifletteva la luce, la emetteva.

Rol la riconobbe. Era la pietra vista nel sogno, e molto tempo prima, in un dipinto anonimo custodito a Chartres, in Francia. Una pietra associata alla leggenda di Lucifero, ma anche alla corona degli angeli caduti. Un simbolo di conoscenza che brucia.

Elian proseguì:

— «La Porta di Smeraldo non è un luogo. È uno stato dell’essere. Si apre in un momento preciso, quando l’Anima ha trasceso il ritmo.»

— «Quando la musica non ha più tempo…» sussurrò Rol, completando la frase.

— «Esatto.»


La notte seguente, Rol si preparò. Accese una candela, si sedette di fronte allo specchio veneziano del suo studio, e posò la pietra davanti a sé. Prese il suo diario e scrisse una frase:

“Lo spirito è più reale della materia, perché la contiene.”

Poi chiuse gli occhi e lasciò che la musica interiore sorgesse. Non era una melodia udibile: era la vibrazione stessa dell’esistenza. Il battito di ciò che è prima del tempo.

All’improvviso, sentì un varco aprirsi: una fenditura nel reale. Si trovava in un luogo senza spazio. Non era né sogno né visione. Era dentro. Tutto era verde. Non un colore, ma una frequenza.

Davanti a lui, un’antica biblioteca: libri fatti di luce, pagine che cambiavano secondo il pensiero di chi leggeva.

Una figura emerse. Elian? No. Era lui stesso, ma in un altro tempo. Un altro sé.

— «Ogni anima è un frammento di un’unica intelligenza. Sei pronto a ricordare?»

Rol annuì.

E il sé alternativo gli toccò il cuore con un dito.


Quando riaprì gli occhi, erano passate tre ore. La pietra era scomparsa. Ma lui non era più lo stesso. Vide le onde del tempo scorrere come fili d’acqua. Sentiva il pensiero degli altri come echi lontani. E soprattutto, sapeva.

Sapeva che l’universo era un organismo vivente, e che il pensiero umano – se purificato – poteva modellare la realtà.

Sapeva che ogni essere umano era una porta potenziale.


Passarono mesi. Rol tornò alla sua vita quotidiana: le serate con gli amici, i giochi con le carte, le guarigioni misteriose. Ma dentro, qualcosa brillava come una stella che non conosceva l’alba.

Nel 1966, a Firenze, incontrò un giovane poeta che gli disse: «Ho sognato la tua voce, e in sogno hai detto che Dio non è al di fuori, ma inatteso, come un ricordo antico.»

Rol sorrise. Il seme era stato piantato.


Nel suo diario, qualche anno dopo, scrisse:

“Ho varcato la soglia della mente. Non ho trovato un Dio barcollante su troni di nubi, ma una fiamma silenziosa, che arde in ogni uomo. La magia è scienza ancora velata. La verità non ha testimoni: è un’esperienza. La mia missione non è rivelare, ma risvegliare.”


Nel 1972, ricevette una seconda lettera. Stessa calligrafia, stesso inchiostro:

“Quando la seconda Porta si aprirà, il tempo finirà di nuovo. Preparati.”

Ma quella, è un’altra storia.