Vittorio Esposito



Il Silenzio delle Ombre: La Vita di Vittorio Esposito

Nato a Torino nel 1903 in una soffitta affacciata su via Cottolengo, Vittorio Esposito crebbe tra i miasmi di povertà e l’incessante rintocco delle campane. Figlio di un sarto muto e di una donna devota alla Madonna nera di Oropa, Vittorio sviluppò fin da piccolo una sensibilità fuori dal comune: sognava numeri, vedeva simboli nelle crepe dei muri e sapeva quando sarebbe morto un piccione sul tetto. La sua infanzia fu punteggiata da febbri notturne, visioni e da un’ossessione crescente per l’invisibile.

A dieci anni ricevette in dono da un rigattiere un vecchio volume smangiato dal tempo: Clavis Inferni, un testo anonimo in latino mescolato a dialetto piemontese. Fu la scintilla. La sua vita cambiò direzione. Non più solo superstizioni popolari, ma un vero e proprio sistema di conoscenza occulta iniziò a delinearsi nella sua mente.

L’Accademia del Nulla

Non potendo permettersi un’istruzione formale, Vittorio si costruì la propria “Accademia del Nulla” — come la chiamava ironicamente — rifugiandosi ogni sera nello scantinato di un palazzo abbandonato di corso Regina Margherita, dove studiava testi cabalistici, alchimia e i diagrammi di Giordano Bruno. Si dice che lì, nel 1921, durante un’eclissi, avesse avuto la sua prima vera manifestazione: un globo di luce sospeso che gli rivelò il “Sigillo del Nodo”, un simbolo che avrebbe disegnato su ogni suo taccuino per il resto della vita.

Contatti con la Massoneria e il Gruppo di Chieri

Negli anni Venti venne avvicinato da alcuni membri della loggia massonica Lux Occulta che, incuriositi dai suoi esperimenti simbolici, gli offrirono accesso a una collezione privata di manoscritti rosacrociani e pitagorici. Fu attraverso questi contatti che Vittorio conobbe il “Gruppo di Chieri”, un circolo segreto di studiosi, tra cui ex militari, astronomi e un ex abate scomunicato, tutti uniti dalla passione per l’occulto.

Durante una riunione nel 1926, Vittorio presentò un sistema di geometria mentale capace — a suo dire — di prevedere i moti planetari a fini divinatori. Il sistema era basato su nove triangoli intrecciati inscritti in un cerchio imperfetto, da lui chiamato Ruota dei Moti. Fu considerato eretico, ma affascinante. Nessuno riuscì mai a replicarlo.

Isolamento e Ultimi Anni

Dopo il 1935, la sua figura iniziò a svanire dai circoli esoterici torinesi. Alcuni raccontano che fu internato brevemente in un manicomio per aver tentato di “dialogare con l’angelo di Saturno” in mezzo a piazza Castello. Uscì pochi mesi dopo, più silenzioso ma più determinato.

Negli anni ‘40 e ‘50, Vittorio visse da eremita in una cascina fatiscente nei pressi di Moncalieri, continuando a scrivere appunti in quaderni ormai sparsi tra collezionisti e antiquari. Morì nel 1961, ufficialmente per arresto cardiaco, ma il medico legale notò un curioso simbolo inciso a fuoco sul palmo della sua mano destra: un pentagramma imperfetto circondato da lettere greche.

Eredità Inquieta

Oggi Vittorio Esposito è quasi dimenticato, figura evanescente citata a margine nei testi di storia dell’esoterismo italiano. Eppure alcuni suoi schemi e simboli riemergono ciclicamente in manoscritti anonimi e graffiti notturni nei quartieri periferici di Torino.

Chi era davvero? Un folle? Un iniziato dimenticato? O un semplice uomo nato nel posto sbagliato con la mente rivolta altrove?

Le sue parole, ritrovate su un foglio nascosto nel doppiofondo di un libro:

“Il segreto non è nel sapere, ma nel ricordare ciò che fu detto prima che il tempo iniziasse.”